E’ da qualche settimana che mi sono avvicinata tanto ad un continente che viene rappresentato in mille modi, che sembra così lontano, ma invece è più vicino di quello che ci aspettassimo; un continente che con i suoi colori, sapori e tradizioni ci sembra irreale; un continente del quale pensiamo di sapere tutto e invece non sappiamo niente: l’Africa.
Tra il 12 e il 21 novembre si è svolto a Verona il XXX Festival del cinema africano, un incontro importante ed emozionante. Durante questi giorni sono stati presentati 50 film, tra lungo-medio e cortometraggi, documentari, film fuori concorso e vari workshop. Lo slogan che ha caratterizzato il festival quest’anno è stato: “Generations: ieri, oggi e domani del sogno indipendente africano”, che ha voluto dar voce alle nuove generazioni e soprattutto alle donne, in qualità di registe. Sfortunatamente ho visto soltanto 3 film, però mi è bastato per capire che quello che sappiamo noi, europei, dell’Africa, e soprattutto quello che ci viene detto dai media, è totalmente diverso e lontano da quella che è la realtà di un continente così grande e ricco. Non vi dico altro, sperando che queste righe vi abbiamo suscitato un po’ di interesse e curiosità e vi abbiano spinto a cercare di più, ad avvicinarvi di più e a fare più domande.
Leggendo un articolo sul mensile Combonifem che riguardava sempre il festival del cinema africano, ho trovato una frase molto interessante che vi propongo:"Il futuro dell’Africa è donna”, lo dice Malice Omondi, speaker dei programmi di Afri Radio. Una frase forte e importante, che va in contraddizione con quello che vi racconterò. Stasera si è svolto il terzo incontro del progetto “Facoltà di comunicare” all’Università di Verona e il tema trattato è stato quello delle donne schiave del traffico di esseri umani e vittime della tratta. Un incontro a dir poco commovente, con la visione di un documentario realizzato da Andrea Deaglio, intitolato “Not the promised land” che fa vedere come il sogno di una donna si può infrangere in un attimo, con la violenza e la paura. In seguito Anna Pozzi, giornalista e scrittrice che ha presentato il suo libro “Schiave” (http://www.youtube.com/watch?v=hC4ouuT1MMc) e Jessica Cugini, caporedattrice di Combonifem, la quale ha sottolineato l’importanza della voce dei migranti e soprattutto delle donne, che hanno così tanto bisogno di essere ascoltate.
Infine, la testimonianza di Isoke Aikpitanyi, una giovane nigeriana, in Italia dal 2000 e autrice del libro “Le ragazze di Benin City”, che dice: “Sono stata, sono e sarò sempre una vittima della tratta”. Il suo sguardo era intenso, parlava guardando un punto fisso, per non emozionarsi troppo e per restare concentrata, le si leggeva l’imbarazzo nei gesti e nella voce. Ci racconta che la prima cosa che le è stata tolta è stato il passaporto, e quindi l’identità e che il suo passaporto è stato usato da altre ragazze che “viaggiavano”: una di loro ha fatto una brutta fine, e qualche anno fa Isoke è andata in Sicilia a portare dei fiori sulla propria tomba, perché la ragazza che aveva il sua passaporto è morta. Così Isoke non esiste più. Ma è ottimista, è dice che questo è un problema che risolverà. Da quando è arrivata in Italia è stata “protetta” da una “maman”, una signora africana che sfrutta le ragazze e chiede a loro enormi somme di denaro (dai 30 ai 80 mila euro) per averle portate qui. In teoria, quando il debito viene pagato, le ragazze sono libere….in teoria. Vi consiglio di leggere questa testimonianza per capire meglio: http://www.combonifem.it/articolo.aspx?t=M&a=1728
Oggi, in Italia ci sono oltre 10.000 maman. Il traffico degli esseri umani è il terzo più redditizio al mondo, dopo quello delle armi e della droga. L’80% del traffico riguarda le donne, e il 20% di esse sono minorenni, bambine. Negli ultimi 20 anni il fenomeno della prostituzione è esploso. Perché? Ovviamente perché c’à la richiesta. E questo fa pensare.
A voi non fanno impressione queste cifre?
Tra il 12 e il 21 novembre si è svolto a Verona il XXX Festival del cinema africano, un incontro importante ed emozionante. Durante questi giorni sono stati presentati 50 film, tra lungo-medio e cortometraggi, documentari, film fuori concorso e vari workshop. Lo slogan che ha caratterizzato il festival quest’anno è stato: “Generations: ieri, oggi e domani del sogno indipendente africano”, che ha voluto dar voce alle nuove generazioni e soprattutto alle donne, in qualità di registe. Sfortunatamente ho visto soltanto 3 film, però mi è bastato per capire che quello che sappiamo noi, europei, dell’Africa, e soprattutto quello che ci viene detto dai media, è totalmente diverso e lontano da quella che è la realtà di un continente così grande e ricco. Non vi dico altro, sperando che queste righe vi abbiamo suscitato un po’ di interesse e curiosità e vi abbiano spinto a cercare di più, ad avvicinarvi di più e a fare più domande.
Leggendo un articolo sul mensile Combonifem che riguardava sempre il festival del cinema africano, ho trovato una frase molto interessante che vi propongo:"Il futuro dell’Africa è donna”, lo dice Malice Omondi, speaker dei programmi di Afri Radio. Una frase forte e importante, che va in contraddizione con quello che vi racconterò. Stasera si è svolto il terzo incontro del progetto “Facoltà di comunicare” all’Università di Verona e il tema trattato è stato quello delle donne schiave del traffico di esseri umani e vittime della tratta. Un incontro a dir poco commovente, con la visione di un documentario realizzato da Andrea Deaglio, intitolato “Not the promised land” che fa vedere come il sogno di una donna si può infrangere in un attimo, con la violenza e la paura. In seguito Anna Pozzi, giornalista e scrittrice che ha presentato il suo libro “Schiave” (http://www.youtube.com/watch?v=hC4ouuT1MMc) e Jessica Cugini, caporedattrice di Combonifem, la quale ha sottolineato l’importanza della voce dei migranti e soprattutto delle donne, che hanno così tanto bisogno di essere ascoltate.
Infine, la testimonianza di Isoke Aikpitanyi, una giovane nigeriana, in Italia dal 2000 e autrice del libro “Le ragazze di Benin City”, che dice: “Sono stata, sono e sarò sempre una vittima della tratta”. Il suo sguardo era intenso, parlava guardando un punto fisso, per non emozionarsi troppo e per restare concentrata, le si leggeva l’imbarazzo nei gesti e nella voce. Ci racconta che la prima cosa che le è stata tolta è stato il passaporto, e quindi l’identità e che il suo passaporto è stato usato da altre ragazze che “viaggiavano”: una di loro ha fatto una brutta fine, e qualche anno fa Isoke è andata in Sicilia a portare dei fiori sulla propria tomba, perché la ragazza che aveva il sua passaporto è morta. Così Isoke non esiste più. Ma è ottimista, è dice che questo è un problema che risolverà. Da quando è arrivata in Italia è stata “protetta” da una “maman”, una signora africana che sfrutta le ragazze e chiede a loro enormi somme di denaro (dai 30 ai 80 mila euro) per averle portate qui. In teoria, quando il debito viene pagato, le ragazze sono libere….in teoria. Vi consiglio di leggere questa testimonianza per capire meglio: http://www.combonifem.it/articolo.aspx?t=M&a=1728
Oggi, in Italia ci sono oltre 10.000 maman. Il traffico degli esseri umani è il terzo più redditizio al mondo, dopo quello delle armi e della droga. L’80% del traffico riguarda le donne, e il 20% di esse sono minorenni, bambine. Negli ultimi 20 anni il fenomeno della prostituzione è esploso. Perché? Ovviamente perché c’à la richiesta. E questo fa pensare.
A voi non fanno impressione queste cifre?
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