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News, commenti e attualità sul web.
lunedì 14 marzo 2011
Marta Herling: "Saviano inventa la storia su Croce"
Puntuale e precisa la risposta di Saviano. Altro che aver preso le informazioni da internet, senza neppure verificarle. Anzi. Ospite al Tg di Enrico Mentana su La7, Saviano porta la fonte precisa e veritiera da cui ha tratto l'incipit del suo monologo sul terremoto dell'Aquila. La fonte, appunto, è un articolo dello sceneggiatore Ugo Pirro, pubblicato il 13 aprile 1950 su Oggi, in cui riporta un vecchio articolo su quell'episodio della vita del filosofo e scrittore italiano. Articolo in cui sono riportate le parole di un giovane Croce, intervistato da un cronista dell'epoca come testimone di quel terremoto che gli aveva portato via l'intera famiglia. Un articolo esistente, "vero" e non trovato qua e là nel web o inventato, come riportato in più parti qualche giorno fa.
«Il mio era un racconto "romantico" sulla figura di Croce - sottolinea Saviano - volevo raccontare questo episodio per dire che il terremoto appartiene alla vita di tutti, anche di un grande come Benedetto Croce. Il padre non offriva "mazzette" e io non ho mai usato questa parola. Quella offerta voleva essere piuttosto un gesto di riconoscenza». Vien da pensare, ed è impossibile non farlo, che a doversi documentare e informare di più sia qualcun altro, e non Saviano.
giovedì 27 gennaio 2011
27 gennaio 2011: per non dimenticare
Che lavora nel fango
Che non conosce pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì o per un no. »
martedì 25 gennaio 2011
What's your facebook?
Il vero fenomeno di tendenza da cui non ci si può sottrarre è Facebook. Non passa giorno che tg e giornali ne parlino, vuoi per la nascita di gruppi incitanti all’odio di ogni tipo o semplicemente “scomodi”, vuoi per i tam-tam che è in grado di innescare, per le identità rubate (l’ultima è stata quella di Sarkozy), o perché assurge al ruolo di nuovo mezzo “sfasciafamiglie”. La notizia è di qualche giorno fa e parte dalla Gran Bretagna, dove nelle ultime cause di divorzio Facebook la fa da padrone: tradimenti scoperti grazie al social network, relazioni virtuali che arrivano a mettere a repentaglio la vita di coppia. Sarebbe scontato però passare ai facili moralismi, condannare in toto una realtà che, come altre che l’hanno preceduta, presenta lati non solo negativi. È ciò che emerge anche dalle parole di un portavoce della società, il quale sostiene essere una sciocchezza condannare Facebook, perché sarebbe come incolpare il cellulare, le mail e tutto ciò che oggigiorno ci consente di essere in contatto con il resto del mondo.
Prima di emettere la sentenza, di condanna o di assoluzione, bisogna provare a riflettere. Parto innanzitutto dalla “mission” che si propone Facebook: favorire la socialità e allargare la cerchia di amicizie dei suoi utenti. Si tratta di una promessa, che ognuno può giudicare da sé se viene mantenuta. I distinguo da fare sarebbero tanti, ma bastano qui due osservazioni: è possibile considerare “amici” (nel senso vero della parola) mille se non più persone? E, a proposito di socialità, un buon metro di misura potrebbe essere quello di verificare quanti dei rapporti di amicizia online continuano poi nella vita reale (tradimenti e infedeltà a parte).
Dal momento poi che non esistono mezzi maligni, ma tutto sta nell’uso che se ne fa, ne deriverebbe un “processo alle intenzioni” di ognuno, in sé impossibile da attuare. E, allora, bisogna partire dai dati.
Massimo Mantellini scrive su L’espresso di questa settimana che, secondo i dati Istat del 2010, il numero di italiani che accede a Internet è cresciuto di oltre 5 punti percentuali rispetto al 2009 (52,4 contro il 47,3 per cento). Parallelamente è però diminuita la percentuale di quanti si connettono per leggere e scaricare giornali, news, informazioni (44 contro il 46,7 per cento del 2009). Dunque, cosa fanno o, meglio, facciamo online? Semplicemente, spiega Mantellini, quello per cui siamo famosi in tutto il mondo: ci scambiamo saluti, foto e pettegolezzi su Facebook (che ha cannibalizzato altre forme di chat e istant messaging). In un altro articolo, sempre dati alla mano, si legge che ad oggi risultano iscritti al social network 17,6 milioni di italiani: uno dei rari casi, si dice, in cui il nostro Paese non è in ritardo rispetto al resto d’Europa nell’uso del Web.
Ben vengano, dunque, nuove tecnologie e nuovi mezzi in grado di farci comunicare in modo più economico (in termini di tempo, di spazio e, perché no, a costo zero). Rattrista però (e un po’ fa arrabbiare) vedere le aule di informatica universitarie tutte occupate (e questo di per sé è un buon segno) da ragazzi che hanno davanti a loro schermi tutti uguali, tutti ugualmente connessi…a Facebook.
lunedì 24 gennaio 2011
Final Four Coppa Italia di pallavolo: Cuneo regna al Palaolimpia di Verona
sabato 15 gennaio 2011
La società letteraria di Guernsay: un libro sul piacere di leggere
domenica 5 dicembre 2010
La Romania che non si vede
In occasione della festa nazionale della Romania (1 dicembre) e di San Nicola (6 dicembre), l’associazione culturale romena “Decebal Traian” di San Dona di Piave (VE) ha organizzato il 4 dicembre al centro scolastico “Fortunata Gresner” di Verona una festa-spettacolo intitolata “Per conoscere la Romania, bisogna conoscere la sua gente”, invitando dei grandi artisti romeni e un gruppo di giovani che vivono e studiano in Italia, ma che non vogliono dimenticare le loro origini e le loro tradizioni e che hanno imparato per l’occasione i canti e i balli tradizionali. I ragazzi hanno aperto la serata con le “colinde”, canzoni tradizionali di Natale, hanno ballato la “capra” e la “stella” e hanno chiuso con delle danze popolari. Dopo sono saliti sul palco Mioara Velicu – cantante di musica popolare, proveniente dalla regione Moldavia e in seguito, Dinu Iancu Salajanu e il suo gruppo di strumentisti, provenienti dalla Transilvania, che hanno cantato e suonato canzoni tradizionali romene e sono riusciti ad alzare in piedi le 400 persone del pubblico con la canzone “Noi suntem romani” – “noi siamo romeni”, gli ultimi versi della quale sono questi: “noi siamo ROMANI, noi siamo romani, noi siamo gli antenati di Traian”.
http://www.youtube.com/watch?v=14ZGhRMRyTY&feature=related
Per finire, il grandissimo attore Florin Piersic, che ha intrattenuto il pubblico con i suoi racconti, i suoi ricordi, le sue canzoni, le sue barzellette, le sue poesie e soprattutto con un modo di avvicinarsi al pubblico molto umano e speciale, come se non fosse un grande artista, ma uno di noi. E’ difficile trascrivere in parole le emozioni vissute e lo è ancora di più quando le si devono anche spiegare. Sfortunatamente l’incontro era difficilmente proponibile agli italiani, in quanto svoltosi in lingua romena. Penso che questo sia stato l’unico punto a suo sfavore, perché la partecipazione di italiani sarebbe stata utile per promuovere l’integrazione e aiutare a migliorare l’immagine della Romania. Aspettiamo il prossimo anno.
Vi propongo un video utile e divertente, per dare un’occhiata anche alla parte positiva della Romania: http://www.youtube.com/watch?v=LjvY6tZXng4&feature=related
sabato 4 dicembre 2010
Public Enemies
Se qualcuno avesse chiesto la mia opinione sul suo operato, dovendo scegliere tra le alternative poste all’inizio, non avrei esitato a indicare la prima. Già, perché come ammette Chris Anderson che intervista Assange nell’ambito delle “TED Conferences” (vedi), WikiLeaks ha, in soli quattro anni di vita, reso pubblici più documenti di tutti i media internazionali messi insieme. Tra le “chicche” vale qui la pena ricordare le rivelazioni sul centro di detenzione di Guantanamo, sulla banca elvetica Julius Baer (che ha consentito l’evasione fiscale a tanti uomini eccellenti), sulla corruzione e i massacri in Kenya, fino ad arrivare al video sopra citato e agli scoop di queste ultime settimane. Ciò che colpisce, oltre alla naturale reazione dei leader mondiali, è che ora Assange sia ufficialmente e, aggiungerei, improvvisamente ricercato dall’Interpol per “crimini sessuali” (vedi sito Interpol), in particolare per la violenza che due donne avrebbero denunciato di aver subito qualche mese fa in Svezia, uno dei Paesi che ospita i server di WikiLeaks. Da parte sua Assange dichiara che i rapporti erano consensuali e ad oggi non abbiamo motivo per ritenere il contrario. Anzi. È proprio questa “coincidenza”, questa simultaneità temporale a stupire, quasi ci si volesse attaccare a un mero pretesto per mettere a tacere l’uomo che sembra aver preso il posto di Bin Laden, tanto è giudicato pericoloso.
Ma le coincidenze non finiscono qui. Due giorni fa i giornali e i telegiornali aprivano con la notizia dell’elogio del Segretario di Stato americano Hilary Clinton a Berlusconi, definito l’"amico migliore", passato e presente, degli Usa. Il giorno dopo i rapporti segreti degli ultimi due ambasciatori americani di stanza a Roma rivelavano dapprima il sospetto che Berlusconi intrattenesse rapporti privati con Putin e, successivamente, tutta una serie di considerazioni sullo stato di salute del nostro premier. Strano, verrebbe da dire. Sembra davvero che nei rapporti politici e diplomatici si faccia buon viso a cattivo gioco. Che si difenda l’amico, o il presunto tale, per difendere in realtà se stessi, sperando di essere in qualche modo contraccambiati (e perdonati). Ma a spaventare, come si sa, non sono stati i giudizi degli ambasciatori americani sui "big" mondiali. In fondo, cosa ci importa di sapere che Berlusconi è fisicamente provato dai numerosi party a cui partecipa? O cosa ci importa di altri “pettegolezzi” sullo stile di leadership di Sarkozy (descritto come “autoritario e permaloso”) e sulle fobie di Gheddafi? Effettivamente nulla. A spaventare davvero è il potere enorme che in pochi anni ha acquisito WikiLeaks, il fatto che sia sostenuta anche dall’opinione pubblica. Lo dimostra in parte un sondaggio promosso sul sito de L’espresso; pur non trattandosi di un’indagine rappresentativa, la maggioranza dei votanti ha giudicato Assange “un eroe della libertà d'informazione che permette al mondo di sapere la verità”, mentre solo una minoranza ha votato a favore dell’opzione “un irresponsabile pericoloso, un terrorista digitale”. E a questo punto il mio pensiero non può non andare – ancora una volta - a Roberto Saviano e a Vieni via con me. In una delle puntate, non ricordo quale, ci si chiedeva perché dopo Gomorra a Saviano fosse stata emessa una condanna a morte dai Casalesi. Ebbene, una risposta c’è: la mafia non ha paura del libro in sé, ha paura del successo di pubblico e della diffusione che ha avuto. Certo, siamo su piani diversi, ma se dovessi rispondere nuovamente alla domanda su chi è Julian Assange, confermerei la mia opinione, con l’unica riserva, forse, dovuta ai “pettegolezzi” citati in precedenza, dei quali, in fondo, ci importa poco.